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Roberto Segre e sergio Baroni

Ultimo Aggiornamento: 14/12/2011 21:17
14/12/2011 19:41
 
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La mia amicizia con i 4 architetti è iniziata quando, da accompagnatore di Italturist, portavo loro lettere o pacchetti dall'Italia. Nel caso di Garatti...li spediva, dato che stava a Milano. Nel caso di Roberto Segre però, ero diventato più amico di suo padre, Mario, che aveva la stessa età del mio: erano del 1900. Mario era una persona stupenda, affetto da poliomilelite fin dall'età di tre anni era dotato di una volontà di ferro e non si arrendeva di fronte a nessun ostacolo. Quando arrivavo con un gruppo di turisti “politicizzati” o semplicemente curiosi, si faceva passare a prendere da Ernesto Guevara Linch, padre del “Che” di cui era molto amico fin dall'Argentina, per raggiungerci all'albergo e tenere una conversazione accompagnata da qualche bicchierino di “ron”. Mario si muoveva con agilità, nonostante l'età avanzata, con le sue stampelle e la sua camera, in casa, era un intreccio di funi e carrucole che usava senza muoversi dal letto. Mario, di origine ebrea, se ne andò dall'Italia con la famiglia, utilizzando l'ultimo viaggio utile quando vennero approvate delle leggi razziali, nel 1938. Scelse l'Argentina, dove, ironicamente si rifugiarono, dopo la guerra, decine e decine di fascisti e nazisti in fuga. Un anno, gli dissi che sarei andato a Mosca per il Primo Maggio e gli brillarono gli occhi, mi disse: “Mosca è sempre stato il sogno della mia vita, non ci sono mai andato e mi sarebbe piaciuto immensamente, specie in un'occasione come questa. Per favore, mandami una cartolina.” Andai a Mosca e gli spedii la cartolina, dopo qualche settimana, rientrato a Milano chiamai a casa di Roberto per sapere di loro e se aveva ricevuto la cartolina. Il figlio mi disse che il papà se ne era andato, vittima di una broncopolmonite che si era preso per aver voluto uscire sotto un'acquazzone tropicale. Seppi però che la cartolina era arrivata. La relazionecon Roberto non svanì, ma si attenuò abbastanza anche se ogni tanto ci si vedeva, specie dopo il mio trasferimento all'Avana in via....provvisoriamente permanente. Lui lavorava nel settore abitativo e non era più nemmeno a strettissimo contatto con Baroni e Gottardi che si occupavano di pianificazione territoriale. Col passare del tempo, dopo la scomparsa del padre, il divorzio dalla moglie (pure architetto), le incipienti difficoltà economiche e la possibilità di viaggiare negli USA per tenere conferenze, un bel giorno decise di non tornare.
In allegato inserisco una piccola nota biografica di Segio Baroni tratta dal suo libro “Hacia una cultura del territorio”.
Sergio era il ritratto dell'ottimismo, per lui non esistevano difficoltà, prendeva tutto e ogni cosa con il massimo della filosofia. Fra tutti i membri della “comunità” fu l'unico a rinunciare (allora era obbligatorio) alla cittadinanza italiana per assumere quella cubana in modo di poter essere membro del partito.
[Modificato da ilvecchioeilmare 14/12/2011 21:17]
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14/12/2011 20:49
 
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