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Una vecchia brutta storia cubana

Ultimo Aggiornamento: 13/06/2012 20:45
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13/06/2012 20:45
 
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Chi ricorda la storia di Ercolani, cittadino di San Marino coinvolto nel 2003 nella morte di una ragazza di 17 anni cubana, morta per overdose durante un festino a luci rosse?

La povera ragazza figlia di un alto ufficiale del esercito cubano, professava il mestiere più vecchio del mondo, usava droghe e si accompagnava con personaggi stranieri senza troppi scrupoli.

Una storia triste, che non fa fare bella figura a un nostro quasi connazionale. Condannato e poi dopo un po' di anni ritornato a San Marino a scontare il resto della pena.

Copio e incollo un articolo del epoca.

ROMA - Si chiamava Monica Cabrera Muller, aveva diciassette anni e forse sognava di venire in Italia. E’ morta la notte del 3 marzo, in un ospedale dell’Avana; questa è una storia nera, di santeria, coca e corruzione, che investe anche l’ambasciata italiana a Cuba e il responsabile dell’ufficio-visti, G. A. già entrato nelle indagini delle procure di Milano e Civitavecchia su presunti traffici di visti contraffatti da Cuba e dal Gabon. Per la morte di Monica Cabrera, figlia di un ufficiale delle forze armate rivoluzionarie, l’esercito di Fidel Castro, è in carcere all’Avana un cittadino di San Marino: Gianfranco Ercolani, 54 anni, titolare di un’impresa di autotrasporti. A Cuba, Ercolani aveva sposato la sua terza moglie ed era stato raggiunto da un avviso di garanzia emesso dalla procura di Milano in uno dei filoni delle indagini sui falsi visti che hanno riguardato dal 1995 al 2001 diciannove nostre ambasciate. Ercolani, indagato a Milano in concorso con il capo dell’ufficio visti, poi entrambi sono stati scagionati, la sera del 3 marzo era andato a un rito di santeria fuori dall’Avana. Ha raccontato alla polizia che tutto è accaduto mentre accompagnava a casa Monica Cabrera; ha detto che lungo la strada la ragazza gli aveva chiesto 50 dollari e che lo aveva convinto a fermarsi a un distributore di benzina. «Lei è scesa e si è allontanata - è il suo racconto durante l’interrogatorio - e quando è tornata era come stordita. Poi ha cominciato a dire sto male. Ero terrorizzato, sembrava avesse una crisi di epilessia. Ho pensato di cercare un amico perché mi aiutasse». L’amico in questione è il figlio del responsabile dell’ufficio visti, e all’epoca dei fatti era appena entrato in società con Gianfranco Ercolani per aprire insieme un pastificio, a Cuba.
In mezzo alla notte e alla periferia dell’Avana, Ercolani telefona all’amico, lasciato poco prima al rituale di santeria. Monica è agonizzante. L’amico dice che arriva, che porterà lui la ragazza in ospedale. Lei muore in macchina, almeno sembra. Overdose di cocaina, dirà l’autopsia. Ercolani all’ospedale non ci va. Dice che corre a cercare un avvocato e scompare per costituirsi il 6 marzo, a questo punto già considerato latitante. «Da quel giorno è chiuso in un carcere dell’isola, e il regime di detenzione è molto duro - racconta Luca Brandi, funzionario degli affari politici ed economici del dipartimento degli esteri della repubblica di San Marino e ambasciatore non residente a Cuba - Ercolani è stato assistito da un avvocato cubano, poi da un legale sanmarinese in vacanza nell’isola ma nonostante i nostri sforzi e i nostri contatti con la Farnesina, con l’ambasciata di Cuba a Roma e con la polizia non siamo riusciti a capire di cosa esattamente viene accusato. Formalmente non ci comunicano nulla, avvocati e familiari vanno avanti e indietro tra l’Italia e L’Avana ma sappiamo solo che per tre cubani arrestati nell’ambito della stessa indagine per la morte di Monica Cabrera si ipotizza una condanna a trent’anni».
Santeria, cocaina, corruzione; a Cuba, in questi giorni al centro di forti tensioni per l’ondata di arresti e condanne dei dissidenti e la fucilazione di tre dei sequestratori di un traghetto con cui volevano fuggire negli Stati Uniti, dalla fine di gennaio è in vigore una legge durissima contro il traffico e il consumo di stupefacenti. E a Gianfranco Ercolani potrebbe essere contestata anche la cessione della dose mortale di coca. L’amico è stato interrogato, ha lasciato l’isola e sembra si trovi in Africa. La Farnesina non dice se nei suoi confronti sia scattata l’espulsione e il rientro in Italia del padre, previsto a giorni, viene motivato con il suo desiderio di lasciare l’incarico di capo dell’ufficio visti nella nostra sede diplomatica all’Avana. Resta la scìa di quelle inchieste sugli sticker contraffati e comprati a quattromila dollari l’uno scoperti sui passaporti di decine di cittadini cubani sbarcati in Italia. Di nuovo, c’è che fino all’ultima visita, a febbraio, di quattro ispettori inviati dalla Farnesina per un appuntamento all’ufficio visti bisognava aspettare nove mesi. Adesso soltanto sei.


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