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La Dilma arriva a Cuba

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2012 14:57
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05/02/2012 14:25
 
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Interessante lettura della rivista LIMES, dei rapporti Brasile- Cuba.

Copio e incollo l' articolo.


Il presidente del Brasile Dilma Rousseff ha visitato Cuba prima di recarsi ad Haiti, dove ha annunciato la riduzione del contingente brasiliano della missione Onu Minustah. L'obiettivo del viaggio a L'Avana era consolidare una relazione economica in forte espansione (l'interscambio commerciale è cresciuto del 31% nel 2011, arrivando a 642 milioni di dollari) e fare il punto sui lavori di ampliamento del porto commerciale di Muriel, progetto da centinaia di milioni di dollari cui l'impresa brasiliana Odebrecht sta partecipando; sono stati inoltre firmati alcuni accordi di cooperazione tecnico-scientifica.

Ha suscitato scalpore nei media occidentali il fatto che Dilma si sia riunita con i fratelli Castro ma, pur avendo concesso il visto brasiliano alla blogger dissidente Yoani Sánchez (cui il regime ha di nuovo vietato di lasciare il paese), non abbia sollevato la questione dei diritti umani sull'isola, se non in relazione alla base Usa di Guantánamo. Questo a pochi giorni dalla morte per sciopero della fame di un detenuto politico.

Dilma è un'ex guerrigliera marxista, imprigionata e torturata ai tempi della dittatura brasiliana; non può quindi essere tacciata a cuor leggero di insensibilità ai diritti umani, tema che aveva sottolineato nel suo primo viaggio all'estero da presidente, in Argentina. Il suo silenzio sull'argomento a Cuba è motivato da due considerazioni, una di carattere generale e una più specifica, entrambe legate alla Cina.

Se il Brasile ha l'ambizione di essere una potenza mondiale, deve parlare un linguaggio comprensibile a tutti: quello dei valori democratici e dei diritti universali è minoritario e - complice la crisi economica - sempre meno popolare; inoltre, il ruolo di paladino dei diritti umani è già stato assegnato agli Usa e alla Francia.

Per ottenere attenzione e prestigio Brasilia ha scelto di occuparsi anche di questioni che non la interessano direttamente (come il nucleare iraniano), ma se necessario non esita a sfruttare uno dei cardini della politica estera cinese: il concetto di non ingerenza. Durante la sua permanenza al Consiglio di Sicurezza dell'Onu (2010-11) il paese sudamericano si è astenuto su risoluzioni di condanna delle violazioni dei diritti umani in Iran e delle violenze in Siria - oltre che su quella che stabilì la no-fly zone sulla Libia.

Il caso specifico di Cuba richiedeva cautele supplementari: da tempo fuori dall'orbita sovietico-russa, l'isola ha intrapreso un lento cammino di riforme economiche sotto un nuovo nume tutelare: la Repubblica Popolare Cinese (Prc). È ad essa che Raul si ispira, anche se il primo partner commerciale dell'Avana è per ora il Venezuela; date le precarie condizioni di Hugo Chávez e della rivoluzione bolivariana, al regime cubano conviene guardare verso il Regno di mezzo.

Pur essendo improntati alla cooperazione economica e non alla retorica anticapitalista (per desiderio di Pechino), i rapporti bilaterali tra Cuba e Prc sono facilitati da un elemento politico comune: l'assenza di libertà politica e del conseguente desiderio di fare proselitismo sul tema dei diritti. Chiunque voglia venire a investire nell'isola deve tener presente che il suo rivale più temibile, la Cina, non fa prediche sgradite - oltre che di dubbia utilità - al regime.

Per fare affari ed essere un partner credibile della transizione economica (ed eventualmente politica) in atto a Cuba, il governo del Brasile non può cercare lo scontro con i Castro. A giudicare dalla sua visita, Dilma ha imparato e messo a frutto la lezione cinese


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