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Triste compleanno per Fidel Castro

Ultimo Aggiornamento: 14/08/2014 17:55
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11/08/2014 19:07
 
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L'ex Lider Maximo assiste allo smantellamento del suo sistema politico

Triste compleanno per Fidel Castro, che il 13 agosto compirà 88 anni. L’ex Líder Máximo sta in effetti percorrendo già da diversi anni un lungo viale del tramonto, dove la sua attuale immagine di uomo vecchio e malato, non più in pieno possesso di tutte le facoltà mentali, piegato dal peso degli anni e delle responsabilità, sta inesorabilmente appannando l’icona del dirompente guerrigliero trentenne, che il 2 dicembre 1956 sbarcava avventurosamente sulle coste orientali di Cuba per conquistare il Paese! Il viso scavato, l’espressione sperduta degli occhi, l’incedere assai titubante di oggi stanno cancellando la fotografia del giovane e robusto barbudo che, sigaro tra i denti, percorreva trionfalmente la strada che lo portava da Santiago fino all’Avana, dove il 7 gennaio 1959 veniva acclamato come il Salvatore di Cuba.

Triste compleanno per Fidel che assiste allo smantellamento del suo sistema politico. E’ vero che l’attuale presidente cubano, Raúl Castro, afferma di voler solo correggere «gli errori e gli eccessi del sistema» proprio per cercare di salvare il sistema stesso. Ma implicitamente ammette che il sistema era profondamente malato! Pur senza volerlo, constata che per cinquant’anni i cubani hanno sofferto sulla loro pelle la degenerazione di un apparato che ora va assolutamente cambiato. E chi ha commesso tali “errori ed eccessi”, se non colui che ha avuto nelle proprie mani tutto il potere per circa mezzo secolo, cioè Fidel Castro? Chi dovrebbe assumersene ora tutte le responsabilità, se non l’ideatore del sistema, cioè Fidel Castro?

Raúl in ogni caso spera di guadagnare qualche tempo supplementare di vita per il regime iniettando nell’economia cubana forti dosi di vitamine capitaliste, senza però intaccare l’apparato politico, istituzionale e poliziesco. Ci riuscirà? Per qualche tempo, forse. Ma dopo di lui il regime, sotto il peso degli “errori ed eccessi” e le relative responsabilità, potrebbe anche implodere.

Se la successione di Fidel, preparata da lungo tempo, non ha posto in effetti problemi, quella dell’ottantatreenne Raúl potrebbe invece aprire un vuoto difficilmente colmabile. Da una parte, infatti, non si intravvede alcun personaggio politico con la statura politica e il carisma personale necessari per riprendere in mano ciò che resta della Rivoluzione, dall’altra non è stata formata una nuova classe dirigente in sostituzione della vecchia, rimasta per troppo tempo attaccata al potere.

Al momento dei bilanci sarà inevitabile, anche per gli stessi castristi, porsi il quesito fondamentale: rivoluzione realizzata o rivoluzione tradita? Fallimento storico o tappa intermedia di un processo evolutivo che continua? Come invocare l’eredità rivoluzionaria, quando lo stesso Raúl sta demolendo a colpi di bulldozer l’edificio economico-sociale costruito da Fidel?

La risposta sta nell’ondivago del destino politico di Fidel, da sempre teso verso un solo scopo, un solo obiettivo: la conservazione del potere. Tutte le posizioni sono buone, purché garantiscano il controllo politico del Paese. A cominciare dalla stessa nascita del regime. Il comunismo, cioè, non è stato affatto la causa della rivoluzione, ma - come ben scrisse il giornalista americano Herbert Matthews - ne è stato piuttosto la conseguenza. Fidel cioè capisce subito che per consolidare con metodi autoritari il potere appena conquistato, gli conviene avvicinarsi ai comunisti sul piano interno e all’URSS sul quello internazionale. La carta americana, pure all’inizio messa sul tavolo, avrebbe comportato troppi condizionamenti “democratici” e non gli avrebbe certo garantito la conservazione del potere ad eternum. Non dimentichiamo che Fidel, in visita negli Stati Uniti nell’aprile del 1959, dichiarava a New York nel corso di una conferenza stampa: “ho detto in maniera chiara e definitiva che NON siamo comunisti”! Poco tempo dopo istaurava nell’isola il marxismo-leninismo.

Il Partito Comunista Cubano (PCC) nasce nel 1965 e 11 anni dopo viene finalmente promulgata una nuova costituzione sul modello – poteva essere altrimenti? - rigorosamente sovietico. Benché teoricamente vi si preveda la classica divisione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), nella realtà si realizza una fusione dei poteri, tutti rimessi nella mani di un solo uomo/simbolo: Fidel Castro! Primo Segretario del partito, Comandante supremo delle forze armate, Presidente del Consiglio di Stato (organo esecutivo con parziali funzioni legislative) e dei Ministri, insomma è chiaro che nessuna decisione di una qualunque importanza politica potrà essere presa senza il suo accordo.

Con questa architettura istituzionale alle spalle, aiutato da un apparato propagandistico (“creatore di consenso”) che non ha eguali e da un servizio di Intelligence (“controllore del consenso”) tra i migliori al mondo, il Líder Máximo sarà in grado di superare tutti i grandi sconvolgimenti politici del paese durante mezzo secolo. Riuscirà insomma, col suo geniale intuito, a trasformare sconfitte politiche annunciate in sue vittorie personali, addossando la responsabilità di carenze, inadempienze e catastrofi sempre ad altri: quinte colonne, il governo di Washington, la CIA, l’Unione Europea, il capitalismo, le multinazionali ecc…. Senza mai dubitare che forse qualche colpa era da addebitare al sistema da lui istaurato. Con il costante e unico obiettivo di conservare il potere. Anche a costo di realizzare il contrario di quanto aveva promesso.

Fidel ha liberato il Paese dalla dittatura violenta e sanguinaria di Batista, ma ha poi sprofondato l’isola in un altro abisso dittatoriale. Ha spazzato via la Cuba mafiosa allora definita “il bordello dell’America”, ma ha lasciato poi prosperare un forsennato turismo sessuale. Ha promesso la terra ai contadini, ma ha poi completamente collettivizzato l’agricoltura. Ha abolito il latifondo privato, ma successivamente ha creato il latifondo di Stato, talmente mal gestito che oggi Cuba è costretta a importare l’80% dei prodotti necessari ai suoi bisogni alimentari.

Ha affrancato Cuba dagli Stati Uniti, ma ha lasciato poi che il paese dipendesse quasi interamente dall’Unione Sovietica (ieri) e dal Venezuela (oggi). Ha promesso una produzione di zucchero superiore ai livelli ante-rivoluzione (7/8 milioni di tonnellate annuali), ma oggi Cuba deve importare zucchero! La produzione “rivoluzionaria” non supera il milione di tonnellate e non copre il fabbisogno nazionale.

Ha predicato i valori della pace internazionale, ma non ha esitato mettere l’isola in una situazione suscettibile di scatenare sui cubani il diluvio atomico, avviando la terza guerra mondiale (la crisi dei missili nell’ottobre 1962: i tredici giorni che sconvolsero il mondo).

Ha certo privilegiato la gratuità e lo sviluppo dell’istruzione e della sanità. Due settori ai quali la popolazione ha potuto finalmente accedere. Ma da tempo i due settori conoscono una profonda crisi, dovuta al degrado del sistema collettivista e a quell’internazionalismo socialista che ha portato migliaia di medici e maestri cubani in tutto il mondo (dietro peraltro compenso per l’Avana, in una sorta di “cooperazione a pagamento”), sguarnendo però pericolosamente gli organici e gli effettivi nel Paese. A tutto danno dei cubani residenti. Ha promesso l’avvento del “paradiso dei lavoratori” ai Caraibi, ma 55 anni dopo l’ingresso all’Avana dei barbudos, a Cuba si registra: il più alto tasso di emigrazione nel mondo (il 23% della popolazione vive fuori dei confini nazionali); un altissimo tasso di suicidi (18 su 100.000 abitanti nel periodo 2000/2005), un tasso di divorzi tra i più elevati al mondo (65% nei primi due anni di matrimonio); una forte crisi di identità nazionale (3 milioni di cubani hanno sollecitato la cittadinanza spagnola in base alla “legge dei nonni”, approvata qualche anno fa da Madrid); la popolazione carceraria più numerosa la mondo (più di 80.000 reclusi in circa 200 centri di detenzione, su una popolazione di 11, 2 milioni) e infine il poco invidiabile primato mondiale in materia di non rispetto dei diritti dell’uomo, in un paese dove distribuire pubblicamente il testo della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo dell’ONU (pure firmata da Cuba) è considerato un atto sovversivo!

Rivoluzione realizzata o tradita? Forse semplicemente rivoluzione fallita. Fallimento cioè di un esperimento che pure aveva suscitato immense speranze per i popoli oppressi dell’America Latina, straordinarie aspettative di libertà nei giovani del mondo intero, formidabili attese di emancipazione per i diseredati di tutte le nazionalità. Ma gli ideali iniziali della rivoluzione sono gradualmente svaniti, soffiati via dal vento della conservazione del potere, della megalomania politica, dalla necessità di conservare i privilegi della casta regnante.

Oggi, nonostante tutte le riforme introdotte da Raúl per “correggere” gli errori di Fidel, la situazione economica a Cuba rimane drammatica, lo spirito rivoluzionario si è evaporato, il Movimiento ha perso tutto il suo slancio propositivo, pochi credono ancora nel comunismo. Si registra nel paese un’immensa confusione tra l’apertura accelerata del mercato all’economia capitalista - che richiede libertà individuale di decisione - e il permanente accentramento del potere nelle mani di un solo uomo - che esclude ogni forma di emancipazione politica per la popolazione. Tutto in ogni caso sembra voler prendere una direzione opposta a quella che Fidel aveva a suo tempo imposto alla storia di Cuba.

Sì, proprio un triste compleanno per Fidel Castro. Tra i maggiori Leader politici del XX secolo, vera icona rivoluzionaria adorata da più generazioni, l’ex Comandante rischia ora di vedere tutta la sua opera vanificata, proprio dal compagno di tutte le battaglie, dal collaboratore più fidato, dall’erede da sempre designato: suo fratello minore, Raulito!
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