Riporto questo post di Yoani Sanchez, ci parla delle case restaurate dai cubani, ma ci racconta anche in maniera direi reale, la situazione della nuova piccola borghesia cubana. la racconta senza eccessi, ma riconosce che esiste. Io poi rimango della mia idea che spesso quello che scrive è funzionale alla dittatura cubana, ma almeno lo fa senza retorica e con spirito critico.
Certo che oggi ci descrive la casa dei sogni del nostro Aston, che sia passata da Las Tunas?
.
Copio e incollo il post di Yoani Sanchez.
YOANI SANCHEZ
Le balaustre hanno forma di donna nuda e la cancellata è coperta di lastre di pietra. Il giardino si estende per appena mezzo metro di prato sul quale abbaia tutto il giorno un piccolo pechinese. Dalla porta d’ingresso si riesce a vedere il bancone da “bar” che separa la sala dalla cucina, con bottiglie colme di liquidi colorati. Una cisterna di plastica sbuca dal tetto e funge da deposito di acqua per i giorni in cui scarseggia. Le finestre di ferro e vetro mostrano in trasparenza le figure che si muovono in casa e di notte rivelano anche la luminosità del televisore. Tutta la minuscola “magione” è stata dipinta con quel color rosso vermiglio che di questi tempi rappresenta un simbolo di benessere. La tonalità preferita da chi raggiunge il successo economico nonostante le privazioni e le assurdità burocratiche.
Persino nelle strade non asfaltate spiccano queste abitazioni restaurate grazie al sacrificio personale e ai pesos convertibili. Minuscole palazzine con pretese di grandezza sorgono all’improvviso davanti ai nostri occhi. La sensazione che proviamo è un mix di sorpresa e di ottimismo quando le incontriamo in mezzo a luoghi impervi come El Platanito, La Timba, Zamora, El Romerillo e altri quartieri malfamati. Confinano con l’immondezzaio che deborda o con la fogna che trasuda liquami nella carreggiata sottostante, ma viste singolarmente queste “casine per bambole” sono vere e proprie oasi di benessere. Hanno certi ornamenti che si esprimono in dettagli rocamboleschi come colonne a forma di tronchi d’alberi o nanetti di terracotta all’ingresso della cancellata. Sono eccessivamente decorate e al tempo stesso architettonicamente ridicole, ma queste imitazioni di castelli esprimono un forte desiderio di abitare in un luogo bello e personalizzato. Ricordano alcune costruzioni funebri del cimitero avanero, ma in questo caso vogliono essere utilizzate durante la vita.
Mi piace molto imbattermi in quelle dimore e vedere le persone che vi risiedono affacciate ai piccolissimi balconi. C’è qualcosa in loro, nella pittura scelta per coprire i muri e nel campanello attaccato al portone che mi fa ben sperare. Mi conforta sapere che il desiderio di progredire materialmente non è stato cancellato da tanti anni di falso egualitarismo e simulata modestia. Una piccola ansia di benessere è rimasta dentro di noi e adesso quella avidità ha un colore rosso vermiglio che è impossibile nascondere.