Cuba al Microscopio

Gordiano Lupi. Strette di mano e pessimismo cosmico

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    bonvys
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    00 13/12/2013 15:12
    Yoani Sánchez mi ha stupito, alcuni giorni prima della storica stretta di mano di Barack Obama a Raúl Castro, avvenuta a Johannesburg, durante i funerali di Nelson Mandela, evento epocale, salvo non si voglia dar credito alle battute dei comici (“Mi sa che non l’ha riconosciuto!”, ha detto Fiorello). Mi ha stupito perché dopo tanti pezzi dimenticabili, giornalismo di modesto livello, dalle fontane che non buttano più acqua ai pezzi di maiale che tardano ad arrivare sul mercato, ha sfornato un lungo articolo, quasi un saggio dal tono cupo e pessimista. “Ogni frustrazione è figlia di un eccesso di aspettative”, potrebbe essere la chiosa del testo scritto da una Yoani con i capelli bianchi, scettica e disillusa. “Questo sistema è ormai morto”, dice “ma è ancora un morto vivente di cinquantaquattro anni”. La blogger afferma di non credere alle soluzioni facili. Sa che arriveranno tempi duri. Non ci sarà un muro di Berlino, ma una trasformazione grigia e burocratica. Non solo, ci dice che nel futuro tutte le bugie saranno svelate (il paese più colto del mondo, la mortalità infantile…) e ci saranno persino i nostalgici castristi. A noi italiani non racconta nulla, vero? I nostalgici del fascismo sono ancora in Parlamento, camuffati o meno, così come le balle dei treni che arrivavano in orario e della grandezza imperiale sono state presto smascherate. “Quando c’era lui, caro lei!”, è un refrain con cui ho convissuto fino a oggi. Yoani prevede sin d’ora la stanchezza e la noia della democrazia, sa che i cubani smetteranno presto di votare (non hanno ancora cominciato!), vaticina che non tarderanno a rifiutare il ruolo di cittadini. Arriverà un nuovo populista.

    Non ci racconti niente, cara Yoani. In Italia – dopo il fascismo – abbiamo mai avuto una democrazia compiuta? Siamo passati dai governi per procura dei democristiani (amministravano l’Italia per conto degli Stati Uniti e della Fiat) al populismo berlusconiano che guidava il Paese come un gigantesco network televisivo. E adesso siamo ancora alla ricerca del nuovo populista, di chi la spara più grossa, ma la sa raccontare.

    Parli di valori, Yoani? Forse in Italia esistono i valori? Ne ha diffusi di più la Rivoluzione Cubana, almeno in teoria. Il consumismo contagerà Cuba, dice Yoani, come ha contagiato ogni democrazia occidentale, forse anche lei se n’è resa conto, da quando gira per il mondo. L’economia governerà Cuba, come governa l’Europa e gli Stati Uniti. Il Dio denaro al posto del Capitale e del comunismo, o di quel che resta dell’idea comunista. I vecchi gerarchi cambieranno divisa, com’è accaduto in Italia dopo la fine del fascismo. Conosciamo la storia, dopo il 25 aprile tutti erano antifascisti. A Cuba saranno tutti anticastristi e chiederanno un premio per aver contribuito a far cadere il regime. La conclusione è che il futuro potrà essere peggiore del presente per mancanza di preparazione e per assenza di un tessuto sociale forte. E allora? Non si comprende il motivo per cui Yoani abbia scritto questo pezzo. Forse per mettere le mani avanti, per poter affermare, di fronte a eventi prevedibili, quanto poco auspicabili: “Io ve l’avevo detto”. Certo, Yoani, la democrazia è difficile, è una sfida che si combatte ogni giorno contro noi stessi e contro le tentazioni autoritarie. Il problema è che tu scrivi certe cose per preparare una giustificazione al futuro, perché sai bene che a Cuba il tasso di politicizzazione è molto basso e che la maggior parte dei cubani pensa soltanto a chiamare i parenti residenti all’estero per farsi mandare denaro e cerca di lavorare il meno possibile. Un popolo simile non scenderà mai per strada a reclamare libertà. Un popolo simile sta bene sotto un regime populista, che tutto sommato consente a molti di vivere discretamente e ad altri di sopravvivere facendo poco o niente. Il resto della popolazione, invece, sogna soltanto la fuga, l’Europa, gli Stati Uniti, ma non per nobili ideali, il solo motivo che guida l’esodo in massa è il denaro, il consumismo, il sogno del benessere. Salvo rendersi conto che nel punto di approdo prescelto, lontano dal castrismo, bisogna lavorare. Ecco, a questo i cubani proprio non sono preparati e a tale prospettiva spesso si ribellano. E tornano in patria, dove in un modo o nell’altro riescono a inventare il modo per tirare avanti. Ne ho conosciuti tanti così, qualcuno di questi esemplari viveva vicino a casa mia, cubani rientrati al paesello dove tirano avanti senza fare niente con i soldi di appartamenti italiani dati in affitto.

    Troppo pessimista? Realista, direi. E non ditemi che sono un sognatore quando sono pessimista. No, perché i capelli bianchi li ho davvero, la mia non è finzione letteraria. Il sogno d’una cosa lo lascio agli altri. E se ho bisogno d’un mito rileggo Pasolini o traduco un inedito di Guillermo Cabrera Infante.


    Gordiano Lupi

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    Gigi..
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    00 13/12/2013 21:02
    Sottoscrivo totalmente !!!!




    Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera
    è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi
    tirando il manico.....

    W. Churchill




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    umbertoumbriano
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    00 14/12/2013 07:43
    Eh beh c'è poco da controbattere, il popolo cubano è quello che è [SM=g7574]


    "In questa serata casalinga sto fumando Commonwealth di Samuel Gawith, Radio 80's Forever in sottofondo. Dopo questo doppio Rum Diplomatico Reserva Exclusiva sarò un po' sottofondo pure io".
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    galiano1
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    00 14/12/2013 12:25
    Sottoscrivo in pieno l'analisi che fa del popolo Cubano, ma non quella della storia della nostra democrazia.

    Gordiano non può dimenticarsi che il nostro era un Paese di frontiera tra Est e Ovest e noi, grazie a Dio, abbiamo scelto da che parte stare, nonostante avessimo in casa il Partito Comunista più forte dell'Occidente.
    Quindi direi che se la DC ci ha governati anche con l'appoggio del nostro alleato storico, è stato certamente salvifico, pena il finire sotto il blocco comunista..era una guerra se ce lo siamo dimenticati.

    Poi sul carattere degli Italiani, sempre pronti a rinnegare il loro capo appena cade in disgrazia, da Mussolini a Craxi fino a Berlusconi..la storia si ripete sempre..
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    Gigi..
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    00 14/12/2013 14:03
    Re:
    galiano1, 14/12/2013 12:25:

    Sottoscrivo in pieno l'analisi che fa del popolo Cubano, ma non quella della storia della nostra democrazia.

    Gordiano non può dimenticarsi che il nostro era un Paese di frontiera tra Est e Ovest e noi, grazie a Dio, abbiamo scelto da che parte stare, nonostante avessimo in casa il Partito Comunista più forte dell'Occidente.
    Quindi direi che se la DC ci ha governati anche con l'appoggio del nostro alleato storico, è stato certamente salvifico, pena il finire sotto il blocco comunista..era una guerra se ce lo siamo dimenticati.

    Poi sul carattere degli Italiani, sempre pronti a rinnegare il loro capo appena cade in disgrazia, da Mussolini a Craxi fino a Berlusconi..la storia si ripete sempre..




    Hai fatto bene precisare caro galiano, ma ti sei dimenticato di dire anche che il PCI era SOVVENZIONATO dall'URSS e che noi avevamo in parlamento rappresentati (e non ultimo il "nostro beneamato ed attuale Presidente della Repubblica") che facevano una politica a favore di chi (URSS) aveva i missili nucleari puntati contro le nostre città.

    Ma quei soldi (rubli) non erano "neri", ma ....."rossi", e si sa bene che qui in Italia ci sono due pesi e due misure....

    Ed a "quelli" il culo la magistratura si è guardata bene a romperglielo!

    E poi si è visto qual'è stato lo sviluppo economico italiano in confronto a quello del blocco dell'Est.


    .....ma sono sempre i soliti discorsi, tanto chi non la vuol capire o chi la capisce sempre nella maniera che gli conviene ci sono sempre, anche se a poco a poco stanno scomparendo come sterco nei campi.....









    [Modificato da Gigi.. 14/12/2013 14:05]




    Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera
    è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi
    tirando il manico.....

    W. Churchill




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    galiano1
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    00 15/12/2013 17:53
    Re: Re:
    Gigi.., 14/12/2013 14:03:




    Hai fatto bene precisare caro galiano, ma ti sei dimenticato di dire anche che il PCI era SOVVENZIONATO dall'URSS e che noi avevamo in parlamento rappresentati (e non ultimo il "nostro beneamato ed attuale Presidente della Repubblica") che facevano una politica a favore di chi (URSS) aveva i missili nucleari puntati contro le nostre città.

    Ma quei soldi (rubli) non erano "neri", ma ....."rossi", e si sa bene che qui in Italia ci sono due pesi e due misure....

    Ed a "quelli" il culo la magistratura si è guardata bene a romperglielo!

    E poi si è visto qual'è stato lo sviluppo economico italiano in confronto a quello del blocco dell'Est.


    .....ma sono sempre i soliti discorsi, tanto chi non la vuol capire o chi la capisce sempre nella maniera che gli conviene ci sono sempre, anche se a poco a poco stanno scomparendo come sterco nei campi.....












    Sfondi un portone spalancato per quanto mi riguarda.

    I loro magistrati militanti hanno incriminato in blocco il pentapartito, salvando solo la sinistra DC, facendo finta di non sapere che il PCI-PDS finanziava massicciamente il suo pesante e ramificato apparato sia con le tangenti delle coop rosse sia con i soldi di un Paese nemico (l'URSS), che pagava in US dollars, visto che sapeva benissimo che i rubli fuori dal loro confine valevano meno dell'odierno CUC!



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    Gigi..
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    00 15/12/2013 18:42
    Re: Re: Re:
    galiano1, 15/12/2013 17:53:



    Sfondi un portone spalancato per quanto mi riguarda.

    I loro magistrati militanti hanno incriminato in blocco il pentapartito, salvando solo la sinistra DC, facendo finta di non sapere che il PCI-PDS finanziava massicciamente il suo pesante e ramificato apparato sia con le tangenti delle coop rosse sia con i soldi di un Paese nemico (l'URSS), che pagava in US dollars, visto che sapeva benissimo che i rubli fuori dal loro confine valevano meno dell'odierno CUC!






    denghiù per la puntualizzazione

    Ho detto rubli solo per specificare da dove venivano, naturalmente era diretto ai "soliti noti" che fanno finta di non sapere.....






    Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera
    è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi
    tirando il manico.....

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    bonvys
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    00 15/12/2013 19:27
    Re: Re: Re:
    galiano1, 15/12/2013 17:53:



    Sfondi un portone spalancato per quanto mi riguarda.

    I loro magistrati militanti hanno incriminato in blocco il pentapartito, salvando solo la sinistra DC, facendo finta di non sapere che il PCI-PDS finanziava massicciamente il suo pesante e ramificato apparato sia con le tangenti delle coop rosse sia con i soldi di un Paese nemico (l'URSS), che pagava in US dollars, visto che sapeva benissimo che i rubli fuori dal loro confine valevano meno dell'odierno CUC!






    Basta guardare anche l'ultimo scandalo MPS [SM=g7557] ....senza andare troppo indietro.. [SM=g7574] [SM=g7574]
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    galiano1
    [IMG]http://i40.tinypic.com/izp36r.jpg[/IMG]
    00 16/12/2013 13:05

    Sull'argomento, visto che sono da sempre un Craxiano, vi propongo questa bella prefazione di Vittorio Feltri apparsa oggi su Il Giornale:

    Io che azzannai il Cinghialone e non vidi gli orrori dei giudici.
    Vittorio Feltri ricorda la caduta dell'uomo politico socialista. Confessa la propria disillusione e smaschera le inchieste a senso unico


    Per gentile concessione dell'editore, pubblichiamo uno stralcio della prefazione di Vittorio Feltri al libro di Nicolò Amato "Bettino Craxi, dunque colpevole" (Rubbettino, pagg. 346, euro 16), che rievoca la vicenda giudiziaria del leader socialista, ma - come scrive l'autore (magistrato, ex direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) - «senza riaprire le vecchie polemiche, bensì proponendo una riflessione serena: ora che i Tribunali degli uomini hanno esaurito il loro compito, sia il Tribunale della Storia a esprimere un giudizio obiettivo».


    Dico subito grazie a Nicolò Amato.

    È uno che ha rischiato la pelle da magistrato, con le sue indagini sul terrorismo, poi come campo del Dap (Direzione amministrazione penitenziaria); quindi ha rischiato la pelle e le palle quando da avvocato ha assunto la difesa del nemico Numero 1 (lui: Bettino), senza mai smettere di palesarsi anzitutto suo amico. E perciò pagando il prezzo dell'isolamento e dell'esclusione da quei mondi cui apparteneva: la magistratura e la sinistra. Memorabile e istruttivo l'episodio di fine 1993 rievocato nel libro, allorché Francesco Rutelli, candidato vincente a sindaco di Roma, gli pose l'aut aut: se difendi ancora Craxi, non farai l'assessore a Roma. C'est la vie. Soprattutto: c'est l'Italie. Poteva dire, italianissimamente: tengo famiglia. Scelse l'amico. Per fortuna c'è chi interpreta vita e Italia come Amato (Nicolò, non Giuliano, che apprendo essere stato oggetto di un'opera d'arte di Craxi dal titolo Becchino. E non penso fosse satira).
    Uno dice: ma Feltri come può c'entrare con un libro che sin dal titolo mostra la convinzione dell'autore? E cioè: Craxi era un colpevole predestinato, odiato e dunque condannato in partenza non per dei fatti criminali o perché si fosse accertato un reato, ma perché sì, perché era lui, era Bettino, aveva messo in crisi l'apparato di potere della sinistra e della magistratura, per di più pretendeva che la vera sinistra fosse il suo socialismo autonomista e non quella orfana dell'Urss, un attrezzo occidentale di tipo socialdemocratico. Era Bettino e dunque colpevole, non solo perché aveva idee diverse e pericolose per le caste rosse, ma perché era semplicemente Bettino, una cosa unica come unici sono tutti gli uomini, ma lui di più. Era fatto di una pasta da capro espiatorio ideale, gigantesco, un ariete perfetto da veder ruzzolare a terra dopo la sua inutile carica, e sgozzarlo felici.
    Esagero con le immagini truculente, ed è un modo anche questo per espiare il fio, introducendomi a meditare in che razza di compagnia mi fossi infilato dandogli addosso, diventando uno della banda di babbuini digrignanti e ridenti intorno al Bestione. È arcinoto. Ho partecipato alla battuta di caccia al Cinghialone. Nel 1992 stavo a fianco di Antonio Di Pietro e di altre toghe. A Bettino Craxi ho dedicato i titoli più carogna della mia vita professionale al tempo dell'Indipendente.
    Del resto Bettino non fece nulla per sottrarsi ai colpi. Incurante di essere considerato il simbolo della politica ladra e corrotta, circondato da ometti che non facevano nemmeno lo sforzo di togliersi la giacca da gangster, non smetteva di ergersi senza ripararsi. Non schivava i colpi, e io pensavo fosse alterigia: quindi via con le ironie, le indignazioni e i sarcasmi. Ho sbagliato. Non scriverei più festosamente davanti alla «rivolta popolare» che accolse Bettino la sera del 30 aprile del 1993 fuori dall'hotel Raphaël a un passo da piazza Navona.
    Mi sento definito da quanto scrive Nicolò Amato a proposito dei magistrati di Milano: «Hanno fatto errori, ma in buona fede». I giudici non so, di certo alcuni non sono stati in buona fede quando hanno salvato i compagni del Pci e della sinistra Dc. Io sì, ero convinto di quanto scrivevo e dicevo, ero in buona fede, ma peggio mi sento. Non sono stato cinico, ma cieco. Perché avrei dovuto alzare lo sguardo. Mettere a frutto l'esperienza acquisita quando seguendo il processo contro Enzo Tortora mi accorsi della parzialità dei Pm e delle loro trombe giornalistiche e denunciai l'infamia. Nel caso di Craxi non vidi. Non avrei dovuto fidarmi di chi, con la scusa di ripulire il mondo dai mascalzoni, prenotava la propria statua del condottiero a cavallo.
    Se avessi fatto lavorare come si deve i miei cronisti, o anche solo applicato l'intuito, avrei accertato che il «popolo» delle monetine a Craxi era in gran parte costituito da militanti i quali stavano un attimo prima al comizio di Occhetto a piazza Navona. Avrei dovuto sospettare e denunciare subito come sarebbe finita. Un repulisti che salvava i peggiori, che oltre alle tangenti si erano divorati i rubli. Quando finivano in carcere i tesorieri sconosciuti e le mani lunghe del Pci, ma i capi mai, ci limitavamo a credere che fosse per la razza dei compagni, usi obbedir tacendo e tacendo morir, eroici come Salvo D'Acquisto. A tal punto funziona la sudditanza psicologica in questa provincia dell'Impero. Balle. Craxi non poteva non sapere, mentre per i compagni vigeva un'altra legge, fu applicata loro l'immunità della Santa Ignoranza, i leader rossi sono immacolati avendo lo sguardo perso verso il sol dell'avvenir.
    Altro che uguaglianza e imparzialità della giustizia. Gli Occhetto, i D'Alema furono solo sfiorati a Milano da una Pm, Tiziana Parenti, subito trattata da colleghi e stampa come una scema. Risultato: Craxi, Forlani, Gava, Darida, Pomicino, De Lorenzo, De Michelis, persino Sterpa, La Malfa e Bossi conobbero l'onta o del carcere o dei processi. I compagni di grosso calibro, mai, solo i manutengoli. Mi fidai delle promesse di Di Pietro, il quale assicurò che avrebbe provveduto anche a sinistra.
    Non feci bene tutto il mio mestiere. Ne interpretai solo una parte: il fiuto. Percepivo nell'aria il crollo del sistema, la voglia della gente comune di allestire tante belle pire in tante piazze per eliminare tra fiamme purificatrici una classe politica che allegramente aveva caricato l'Italia di un enorme debito pubblico, e invece di rimediare rubava non solo per i partiti ma anche ai partiti medesimi. Colpa grave di un politico è non capire cosa agita il sentimento dei cittadini. Questo non significa che per forza si debba massaggiare la pancia della marmaglia, ma prendere le contromisure sì. Invece anche Craxi non capì. Si arroccò. Questo ti rimprovero tuttora Bettino, se mi ascolti, ma non credo (a differenza tua, che sul finire della vita, tra le palme da dattero scrivesti preghiere anche in arabo a Dio, io resto per ora ateo). Un grande politico come te, come fece a non capire? Stavi troppo lontano dalla gente, frequentavi solo la tua corte. Hai fatto grandi cose, mettendo alla frusta i democristiani delle Magna Grecia, impedendo il compromesso storico, abbattendo la scala mobile che ci avrebbe condotto a un fallimento argentino già negli anni Ottanta, ti sei agitato come un leone ferito quanto i comunisti ti hanno ucciso l'amico Walter Tobagi e gli assassini comunisti dopo un battere di ciglia sono stati mandati in libertà. Ma non hai capito niente delle forche che si stavano preparando per te. E ti chi hanno appeso. Un po' per colpa di una magistratura strabica e pervenuta, ma anche per l'indignazione popolare mossa dai latrocini e dall'illegalità diffusa. Quando si sentiva odore di politica somigliava a quello della fogna, e il fiore che vi galleggiava pasciuto era il garofano. Come hai potuto lasciar fare?
    Il tuo discorso potente del luglio del 1992, quanto chiamasti a correi tutti i deputati presenti a Montecitorio per il finanziamento illecito alla politica, e insaponasti così la corda della tua impiccagione, nasconde un'imperdonabile colpa di omissione. Bettino, sei stato presidente del Consiglio. Non avevi da far altro che proporre norme per dare trasparenza ai finanziamenti, legalizzandoli. Invece ti sei limitato ad acconsentire a un'amnistia sul tema, in data 1989, con risultato di rendere candido come la neve il torrente insanguinato dei rubli del gulag, finito nei forzieri comunisti. Complimenti. Sono sarcastico anche se sei defunto. Ma te lo devo, per l'affetto che col tempo ho maturato per te, Bettino. Come scrive Nicolò Amato citando Voltaire: «Ai vivi si devono riguardi; ai morti di deve soltanto la verità». Non ho rispettato ai tempi la prima parte di questa massima liberale. È anche questa una verità che devo al morto.
    Come si sarà notato, mi sono battuto il petto, senza esagerare, sono vecchio, per il mea culpa. Questo non mi risparmierà l'esibizione dei campioni dello sport più facile e stupido dopo il curling: quello di mettere in paragone i giudizi di ieri con quelli di oggi, deducendo l'incoerenza dell'autore. La quale incoerenza viene attribuita alla vendita se non della propria anima, almeno del deretano. Amen. Non citerò la solita frase secondo cui solo i cretini non cambiano idea. Io non ho cambiato idea. Ho semplicemente aperto gli occhi. Detesto come e più di prima i ladri di ogni provenienza, destra o sinistra o centro. Non che mi ritenga superiore, semplicemente più che la forza dei precetti morali in funzione la paura dei carabinieri. Un attimo dopo però, quanto Bettino rimase ferito, costretto alla latitanza, che per uomini come lui giustamente si chiama esilio, e fu consegnato al dileggio da gente che aveva tasche e coscienze grondanti di moneta sovietica, rinunziai a bastonare lo sconfitto.
    Nel 1999, gli ultimi mesi della sua vita, cercai di muovere la politica italiana perché gli concedesse la grazia, o almeno la possibilità di curarsi in Italia. Chiesi a Giulio Andreotti di scrivere sul tema per il Quotidiano Nazionale che allora dirigevo. Lo fece di buon grado. Chiese la grazia e usò parole nobili per l'antico avversario, che di lui aveva sentenziato: le volpi finiscono in pellicceria. Non arrivò nulla di nulla dal Quirinale, solo ipocrisia.